ORDITOIO

16 maggio 2021. Confesso che non avevo mai sentito la parola orditoio fino a quel tragico 3 maggio 2021, quando inorridimmo tutti allo strazio della notizia della morte di una madre di soli 22 anni. Ne parlo dopo due settimane perché ho atteso che la mia personale spinta emozionale si attenuasse ma ora vorrei commentare quello che ha smosso questa tragedia sul lavoro, insieme a tutte le altre successe poco prima e subito dopo la morte di Luana D’Orazio. Spero che Luana non sia morta invano. Con il dovuto rispetto la sua tragica fine può aver rappresentato nell’opinione pubblica una spinta quale quella che venne dal tragico rogo della Thyssen Krupp del 6 dicembre 2007. Quello che, purtroppo, successe a Torino diede la spallata decisiva all’impianto normativo che portò al D.lgs. 81 del 2008. Quanto successo a Oste di Montemurlo, vicino Prato, potrebbe rappresentare la spinta per una revisione della normativa sulla sicurezza che troppe volte è rimasta solo un annuncio. CGIL, CISL, UIL hanno prontamente messo in campo una serie di iniziative, per rilanciare fortemente la lotta contro gli incidenti sul lavoro, declinando una serie di proposte che meritano attenzione, partecipazione e appoggio. Non le cito per brevità, mi piace solo ricordare quella della formazione sulla salute e sicurezza sul lavoro anche per i datori di lavoro, di origine cislina. Segnalo anche un aspetto che riguarda la “cultura del dato”, perché penso sia importante. I dati, le statistiche, sono fondamentali per analizzare i fenomeni e per capire se c’è un problema e, se questo c’è, cosa bisogna fare per risolverlo. Sbaglia il “decisore” che ironizza o chiede agli statistici le soluzioni, anziché trarre dai dati gli spunti per agire concretamente. Certo, i numeri occorre saperli interpretare correttamente. Per esempio, tutti i media in questo ultimo periodo hanno ripetutamente sottolineato che, rispetto allo stesso periodo dell’anno scorso, c’è stato un aumento consistente degli incidenti, commentando i dati che Inail rende noti periodicamente. O anche che, in questi primi mesi del 2021, il dato medio è stato di 2 morti sul lavoro al giorno. Fuorviante! Il periodo dell’anno scorso messo in comparazione è quello dove gli incidenti sono diminuiti drasticamente a causa della fortissima riduzione delle attività produttive causa lockdown. Riprese le attività ripresi gli infortuni. Così come, quelli che ironizzano su chi produce statistiche, anziché farne tesoro, dovrebbero sapere che fino all’avvento del COVID, i morti sul lavoro in Italia erano mediamente 3 al giorno, non 2. Certo, fino a che non finiranno saranno sempre troppi ma i dati si devono leggere come trend su periodi più lunghi. Il problema, quindi, è complesso e non esistono soluzioni semplici, ovviamente. Le proposte dei sindacati portate ai tavoli istituzionali con governo e le altre parti sociali produrranno certamente qualcosa di positivo, ne sono certo. Non può esserci un altro giro a vuoto. Personalmente spero che si punti molto sul coinvolgimento e sulla partecipazione dei lavoratori, tramite i propri rappresentanti per la sicurezza (RLS), perché è chi lavora che rischia quotidianamente. Ma gli RLS meritano più frecce al loro arco. Sono sempre stato convinto che in un tavolo di discussione contrattuale, ancor di più sui temi della sicurezza in un’azienda, ci debba essere equilibrio e pari dignità, soprattutto di cognizione tecnica. E’ una questione di istruzione, banale ma essenziale, perché nessuno può sopraffare l’altro al tavolo in quanto più “ignorante”, in questo caso tecnicamente sui temi della valutazione dei rischi. Per questo il sindacato, dagli albori, puntò sulla formazione di delegati e dirigenti. Per combattere la sudditanza psicologica che un “cafone” o un semplice operaio subiva da parte dei padroni, istruiti. Certo, roba del milleottocento. Oggi, grazie a quella intuizione, non è più così ma in questa materia, così tecnica, rischia di esserlo ancora. Penso, quindi, che la massima diffusione dei sistemi di gestione della sicurezza, che prevedono la partecipazione nelle aziende alle decisioni in materia di sicurezza da parte dei lavoratori che ci lavorano, sia una questione fondamentale ma ancora poco perseguita. Una loro maggiore diffusione con un pari livello di preparazione che consenta una partecipazione vera da parte dei RLS la renderebbe più consapevole e maggiormente efficace. Perché è giusto chiedere più ispettori ma se ci fosse già un livello di “ispezione” interna maggiormente staffata, aiuterebbe molto. Giovanni Luciano

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