ISPETTORI E CAPORALI

7 GIUGNO 2019. I dati del rapporto annuale 2018 dell’Ispettorato Nazionale del Lavoro (INL) confermano quanto già evidenziato l’anno precedente circa la percentuale troppo alta di aziende che non sono in regola con le norme del lavoro, previdenziali o assicurative.
Tra l’altro nel 2018 vi è stato un aumento del 5%, portando la percentuale generale di aziende irregolari dal 65% del 2017 al 70% del 2018.
E questo con un numero di ispettori minore di quelli dell’anno prima (-54, con una forza complessiva aggiornata di 3918 totali tra ITL, Carabinieri per la tutela del lavoro, INPS e INAIL).

Addirittura l’ammontare di contributi e premi evasi complessivamente accertati è aumentato, da un anno all’altro del 23%, da 1.100.099.932,00 a 1.356.180.092,00 (più di 256 milioni in più in un anno)  Un miliardo e 356 milioni di euro!

Tutto questo ispezionando 144.163 aziende di cui 98.255 sono risultate irregolari, trovandovi 162.932 lavoratori non in regola (dato che rapportato al numero di aziende testimonia il nanismo delle imprese in Italia) di cui  42.306  totalmente in nero (ben il 40%).

Tutti ciò, secondo quanto sostiene il rapporto, grazie alle azioni di business intelligence e alla collaborazione con altri organi ispettivi, Guardia di Finanza in testa e, ovviamente, grazie al buon lavoro degli ispettori.

Certamente da tempo si è sviluppata una  maggiore capacità organizzativa di andare più “a colpo sicuro” negli accessi ispettivi, ma questi dati inducono anche ad una riflessione più ampia. Si, perché se si pensa che le aziende attive in Italia sono più di 4 milioni e 390 mila (4.390.911 totali, di cui 4.180.870 sotto i 9 dipendenti  - 184.098 tra 10 e 49 dipendenti - 22.156 tra 50 e 249 dipendenti e 3787 con 250 dipendenti o più, Fonte I.Stat. dati 2017), c’è da chiedersi quale sarebbe il risultato di una un’ipotetica “ispezione totale” di tutte.  

Se sono state accertate violazioni per 1 miliardo e 356 mila euro su “solo” 144.163 aziende cosa succederebbe nell’ipotesi, irrealizzabile certamente, di visitarne 4 milioni e 390 mila? 144.163 aziende sono solo il 3,28% del totale.

Se il 3,28% ha prodotto 1 miliardo e 356 milioni di euro, facendo le proporzioni, anche sapendo che il dato reale sarebbe più basso perché la percentuale di aziende in regola, almeno in teoria, aumenterebbe, viene fuori, comunque, una cifra mostruosa: 41 miliardi e 347 milioni circa (per un solo anno!). Anche rivedendola al ribasso ci sarebbero risorse per coprire due clausole di salvaguardia.

Tutto quanto sopra evidenzia che il problema è diffusissimo e costosissimo per il Paese, ma questo è più o meno noto all’opinione pubblica. Non è chiaro, invece, se sia altrettanto noto quanto è preziosa la vigilanza ispettiva. I numeri lo testimoniano chiaramente. Una vigilanza che, però, non credo debba essere solo repressiva, penso a una vigilanza anche di consulenza e di aiuto. 

Lo dico perché sono convinto che vi sia un ampio spettro di aziende che hanno bisogno più di aiuto che di soli verbali. Soprattutto quel 95% di aziende che hanno fino a 9 dipendenti ma anche quelle che ne hanno fino a 49. Perché in Italia,  nel range tra la difficoltà di fare impresa e la delinquenza del caporalato e/o di altre forme illegali (appalti illeciti, distacchi transnazionali fittizi, lavoro nero, sfruttamento, cooperative spurie, ecc.ecc.) c'è un'ampia platea di aziende che necessita di aiuto. In termini di assistenza e di consulenza;  non solo repressione, appunto.

Nei documenti di indirizzo strategico del CIV INAIL (Linee di mandato 2018-2021 -  https://www.inail.it/cs/internet/docs/alg-pubbl-civ-linee-mandato-2018-2021.pdf) questo concetto, senza nulla togliere ai consulenti del lavoro, lo abbiamo espresso chiaramente: ”Funzione ispettiva fondamentale ma non tesa esclusivamente all’erogazione di sanzione quanto anche all’assitenza alle aziende, perché si conformino a quanto previsto dalle norme, con attenzione particolare alle microimprese e alle piccole e medie imprese”

Certamente vanno combattute e represse forme odiose di illegalità e sfruttamento. Tra queste quella del caporalato evidentemente è quella  sulla quale non bisogna mollare la presa. Ricordo bene, non moltissimo tempo fa, la fase di grande spinta e azione politica e sindacale che c’è stata per portare all’approvazione della legge 199 del 2016.

Aver inasprito le pene per il reato di caporalato non ha ancora sconfitto il fenomeno, certo. Ma è stato un passaggio importantissimo. Penso vada fatto ogni sforzo per debellare questa piaga, indegna di un Paese civile come il nostro. Ho letto recentemente del possibile impiego dei droni per “scovare” i luoghi dove i caporali portano le persone a lavorare. Non so! La basilare conoscenza della geografia agricola e della stagionalità dei raccolti dovrebbe essere sufficiente per sapere dove e come. Piuttosto non è chiaro quanti siano a conoscenza che il caporalato non è solo in agricoltura e che non è solo al sud.

La legge contro il caporalato in agricoltura certo non è applicabile anche nei magazzini della logistica, ad esempio, ma occorrerebbe qualcosa del genere anche li, perché spesso vi si registrano fenomeni di cattiva cooperazione, per essere eufemistici, che producono lo sfruttamento dei lavoratori in termini inaccettabili. Nello stesso ambiente dove la tecnologia all’avanguardia dell’e-commerce produce grande modernità è persino troppo facile imbattersi in moderne forme di schiavismo.

Dicevamo che le aziende ispezionate sono state “solo” il 3,28%, qui entra in gioco anche un altro aspetto fondamentale in questo discorso: l’insufficiente organico degli ispettori. L’ultima legge finanziaria (145/2018) ha previsto per l’INL un piano di 930 assunzioni di ispettori nel prossimo triennio. E’ una buona notizia solo se si gli si darà concretezza nel più breve tempo possibile. Perché tra blocchi fino a novembre 2019, preparazione e svolgimento dei concorsi, pensionamenti naturali e quota 100, si rischia di non incidere adeguatamente.

Per le sole esigenze dell’Inail, che partecipa all’INL con 284 ispettori, servirebbero almeno 500 unità operative. Non apro una questione se sia stato giusto o meno creare l’INL. Non è mio compito. Mi limito ad osservare che chi pensava di risolvere il problema facendo sinergie temo abbia fatto male i calcoli. Per un coordinamento forse non era assolutamente necessario creare una struttura di questo tipo, atteso che, per forza di cosa, le funzioni della vigilanza erano e restano legate alle rispettive peculiarità e complessità. 

Ispettori che, sarebbe il caso che lo si sapesse di più in giro, non hanno il compito di andare a verificare che l’azienda visitata rispetti le prescrizioni del D.lgs 81/2008 sulla salute e sicurezza in ambito lavorativo. Lo fanno gli ispettori del lavoro, essenzialmente per l’edilizia e qualche altra particolarità, ma questo compito è assegnato dalle norme alle ASL e non all’INAIL o all'INL. Se poi sia giusto o meno ci sarebbe da discuterne molto, ma tant’è. Certo c’è da chiedersi quanti siano gli ispettori delle ASL per sapere quanti sono rispetto alle esigenze di controllo da svolgere. 

Personalmente sono convinto che la questione della vigilanza sulle norme dell’ 81/2008, oltre che una sua “manutenzione” e aggiornamento, sarebbero dovute o entrare nell’agenda del Governo e del Parlamento con un carattere di urgenza molto più elevato che questioni quali la governance di INPS e INAIL. I dati sugli infortuni sul lavoro e sulle malattie professionali, purtroppo, sono a testimoniarlo.


LONG JOHNN





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