PRIMA DI GENOVA?

PRIMA DI GENOVA?

21 agosto 2018, Ma perché prima della caduta del ponte Morandi nessuno parlava mai delle concessioni autostradali? Siamo stati così pochi a mettere in discussione la situazione veramente grottesca di una viabilità “dorata” (coi soldi nostri) e di una viabilità “sfondata” (quella appena usciti dai caselli autostradali). Le polemiche per gli aumenti esagerati a ogni inizio d’anno, le parti secretate delle concessioni. Abbiamo avuto pochissima audience. Eppure i bilanci delle concessionarie, Autostrade per l’Italia in testa, parlavano chiaro circa gli ingentissimi dividendi, il basso livello degli investimenti rispetto a quanto previsto dalla convenzione e anche del fatto che di tutti questi profitti venisse reinvestito poco o nulla in Italia. Per non dire, poi, dell’abbattimento dei livelli occupazionali e del dover scioperare per ogni volta per ottenere rinnovi contrattuali. Non ricordo grandi aiuti o condivisioni politiche, di nessun partito o movimento, quando pubblicamente e ripetutamente ho polemizzato su questo. Nessuno di quelli che ora dicono di voler sciogliere nell’acido quelle concessioni, quei contratti, si è mai espresso prima. Certo, la disastrosa catastrofe e l’enorme lutto nazionale hanno avuto un effetto scatenante, ma prima? Non ricordo di aver letto una sola riga da parte loro contro Autostrade, prima di Genova. 
Questa vicenda poi ha scatenato una discussione quasi surreale sulla ri-nazionalizzazione della rete autostradale. Per chi, come il sottoscritto, ha passato più di vent’anni a combattere per cercare di difendere al massimo i lavoratori dei trasporti dai danni provocati dalle liberalizzazioni e dalle privatizzazioni potrebbe essere musica per le proprie orecchie. Non vorrei, però, che questa idea nostalgica divenisse per l’Italia una sorta di canto delle sirene. Come fece Ulisse sarà il caso di farsi legare all’albero della nave e ragionare un po’ più a mente fredda. Per quanto mi riguarda la rete autostradale può anche tornare tranquillamente in pieno possesso dello Stato, chiaramente coi lavoratori autostradali coperti da clausola sociale (ma penso che questo non sia un problema). Poi, perché no? Anche Alitalia tornasse pubblica, ma perché non anche l’Ilva? E tutte le fabbriche che hanno chiuso per delocalizzazione perché non riaprirle a carico dello Stato? Poi, scusate, perché ci devono essere settori liberalizzati? Torniamo alla SIP per la telefonia e buttiamo fuori a calci Italo dalla rete ferroviaria e, già che ci siamo, riportiamo i ferrovieri allo status di dipendenti pubblici…
Insomma, al di la dei paradossi, le liberalizzazioni e le privatizzazioni di asset pubblici in questo Paese hanno sempre seguito una logica, coperta politicamente da tutti quelli che hanno governato negli ultimi trent’anni, tutti nessuno escluso: la privatizzazione dei guadagni e la pubblicizzazione delle perdite. Uno scandalo per il quale come sindacato dei trasporti ricordo che abbiamo sofferto di tanta solitudine…esterna ed interna. Ciò premesso occorre anche rendersi conto che le storture vanno rimesse a posto e gestite al meglio. Altra cosa sarebbe il voler riportare illusoriamente indietro di decenni l’orologio della storia col rischio di svegliarci come Paese in una situazione ben peggiore di quella attuale. I problemi complessi non hanno mai facili soluzioni. Personalmente ho forti dubbi che le ri-nazionalizzazioni siano la panacea. 
Staremo a vedere.

LONG JOHNN






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