BOOM!

28 giugno 2019. Il ponte non c’è più. Oggi hanno fatto implodere quello che ne restava dopo “solo” dieci mesi da quando tirò giù nel suo crollo quarantatre vite umane. Ci sono ripassato vicino solo pochi giorni fa, in moto dentro Genova, nella traversata da ponente a levante, diretto a Spezia. Con la coda dell’occhio ho rivisto i piloni e ho pensato: “chissà che fine hanno fatto le dichiarazioni di chi diceva di voler revocare la concessione  ad Autostrade per l’Italia”. Dopo tutto questo tempo, i piloni erano ancora li e le dichiarazioni tuonanti erano un ricordo di polemiche agostane passate. Invece, di colpo, succede che i piloni arrivano al capolinea e, come d’incanto, si riaccende la polemica sulle concessioni. Che strano modo di fare. Non se ne parla più per mesi e mesi e poi…  

Che non sia un comportamento lineare non lo può negare neanche il più sfegatato dei tifosi. 
Non devo difendere certo io Autostrade, anzi. Da molto tempo ho reso noto come la penso, sulle concessioni autostradali in Italia, non solo quelle date ai Benetton, nell’epoca storica delle facili privatizzazioni tutte a svantaggio dello Stato (non c’era il centro destra al governo). 

Tutti i governi che si sono succeduti non hanno potuto o voluto cambiare la situazione. Detto ciò, però, non si possono, a freddo, sparare frasi (sono buono, non uso il termine più adatto alla circostanza) sulla rinnovata minaccia del togliere la concessione, con conseguente previsione del crollo del valore della società quando succederà. 

Non solo, il tutto collegandolo anche alla vicenda dell’Alitalia che, udite udite, perderebbe valore se avesse nel capitale Atlantia (holding che possiede Autostrade per l’Italia) quando questa sarà “decotta”: Premesso che Alitalia a proposito di valore ha già i suoi problemi, che speriamo non trasferisca a Ferrovie, a me sembra la favola dell’uva e della coda rossa che la dichiara acerba.

Il sospetto, ammetterete, è forte. Siccome manca il quaranta per cento per completare l’assetto azionario della ennesima nuova Alitalia (rinazionalizzata già a metà), si è fatta per mesi la corte ad Atlantia e, quando si è capito che questa non vuole rischiare di prendere il bidone, proprio nel giorno dell’abbattimento, si ricomincia a minacciare la revoca. Anzi più che a minacciare ad annunciare la revoca certa. Per mesi e mesi silenzio e poi: boom! Come le cariche di esplosivo usate per i piloni del Morandi.

Ma ci si rende conto di quanta gente lavora in tutte queste aziende? Del danno che si fa loro sembra non importare a chi insegue disperatamente un recupero elettorale ormai chimerico. Leggo di uno sciopero generale dei trasporti perché il governo non da risposte. Forse devono prima essere poste le domande. La prima è: ma quando finisce questa farsa? 

LONG JOHNN

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